La profonda crisi energetica, connessa agli attuali accadimenti geopolitici, ha spinto l’Italia a cercare una maggiore indipendenza energetica dal paese che fu degli Zar.
Il governo, oltre a studiare il miglior sistema per favorire un maggior utilizzo di energia rinnovabile, sta vagliando nuovi impianti di rigassificazione.

Impianti di rigassificazione, ruolo cruciale.

Nell’affascinante percorso della transizione ecologica ci si scontra a muso duro con un inaspettato nemico: la burocrazia.
Essa, in alcuni casi, si trasforma in una trappola per i progetti dei nuovi impianti che inevitabilmente ne restano vittima. Questi limiti sono una lama a doppio taglio del nostro Stato. L’obiettivo è quello di snellire l’apparato burocratico, ma non sarà un obiettivo raggiungibile a breve.
Proprio per questo, il gas, resta il combustibile di transizione e di conseguenza è stringente la necessità di aumentare la produzione nazionale e diversificare le fonti esterne.
In questo scenario entrano a gamba tesa gli impianti di rigassificazione.

L’obiettivo: aumento capacità di rigassificazione.

Per perseguire codesto intento è fondamentale ampliare gli impianti nei quali il gas metano liquefatto (GNL) viene riportato allo stato gassoso.
Il GNL occupa un volume circa 600 volte inferiore rispetto allo stato gassoso, risultando più facile da trasportare e stoccare. Esso può essere trasportato via mare dalle metaniere percorrendo migliaia di chilometri senza l’utilizzo di metanodotti.
Giunto a destinazione, viene scaricato presso terminali di rigassificazione che hanno il compito di riportarlo in forma gassosa ed immetterlo nella rete.
Strategicamente per l’Italia (e non solo) il GNL rappresenta una soluzione alternativa di approvvigionamento energetico poiché consente la diversificazione delle fonti di importazione.

Gli impianti di rigassificazione possono essere onshore oppure offshore, al largo delle coste.

Codesti impianti, inoltre, hanno un impatto ambientale minimo con emissioni notevolmente inferiori rispetto ad una centrale elettrica, a gas o ad olio.
Ad oggi, in Italia sono in funzione tre rigassificatori, che vanno a coprire il 20% del fabbisogno annuale di gas. In provincia di La Spezia a Panigaglia onshore, mentre offshore sono installati a Rovigo e Livorno.
Nel 2006 il governo italiano si era impegnato per creare rigassificatori per ottenere maggiore indipendenza dai fornitori e sfruttare la posizione dell’Italia al centro del Mediterraneo e dell’Europa per rigassificare il GNL ed esportare il surplus nel resto del continente.
Sfortunatamente il progetto che prevedeva undici impianti di rigassificazione non ha tenuto il passo con altri paesi che si sono mossi più rapidamente.

Il ministro Cingolani, anche in seguito agli ultimi eventi, ha affermato:

 <<Abbiamo tre rigassificatori al 60% che potranno essere portati a una efficienza migliore. Quest’anno poi installeremo il primo rigassificatore galleggiante e poi costruiremo altre infrastrutture nei prossimi 12-24 mesi>>

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