In Italia il caro carburante è ormai paragonabile all’inedita ed undicesima piaga d’Egitto. 
Nella prima metà del mese di marzo il prezzo del carburante è giunto all’esorbitante cifra di € 2,20 a litro, non si fa distinzione per benzina e gasolio. 

Roberto Cingolani, ministro della Transizione Ecologica ha definito, senza mezzi termini, la speculazione sui carburanti << una colossale truffa>> .

In risposta alla delicata situazione il Governo, con il decreto Energia, ha introdotto un taglio sulle accise comportando una decurtazione di prezzo per benzina, diesel e gpl.
Il taglio si attesta a 478,40 per mille litri sulla benzina contro i precedenti € 728,40. 
Per il gasolio, invece, la cifra è di € 367,40 per mille litri contro i precedenti € 617,40.
La riduzione è in vigore dal 22 marzo e per un periodo di 30 giorni: gli sconti saranno quindi validi fino al 20 aprile. 

Cosa accadrà dopo non è dato sapere, le correnti sono molte ma nessuna dominante sulle sorti del caro carburante. 

Si auspica, però, un’ulteriore misura governativa che potrebbe essere varata dopo l’approvazione del Def atteso in questa settimana.
Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, parla di nuovi interventi ma al contempo ha cercato dialogo con l’Europa soprattutto in ambito di energia e gas. 
Giovannini, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, evidenzia che il provvedimento del 22 marzo non sarà una mosca bianca contro il caro carburante.
Un nuovo intervento è stringente, anche perché la riduzione prevista dal governo sembra aver avuto un effetto limitato. Il prezzo di benzina e gasolio, nonostante il taglio, presenta un costo superiore rispetto a quanto si pagava al distributore non solo a inizio anno, ma anche a fine di febbraio, un mese fa.  

Il prezzo del carburante, effettivamente da cosa è composto? 

Esso si compone di quattro voci ed analizzando il valore di € 2,20 esso risulta così ripartito: 

• € 0,73 accisa
• € 0,87 materia prima
 € 0,48 Iva
• € 0,12 margine lordo

La somma di questi importi risulterà appunto € 2,20. Se noi potessimo pagare la sola materia prima il valore del carburante non raggiungerebbe i € 0,90 centesimi.
Le accise e l’iva sono ad appannaggio dello Stato, la materia prima alle compagnie petrolifere ed infine il margine lordo alla rete di distribuzione (semplificando).
L’Unione Europea ha imposto un’accisa minima che varia dai 0,359 per la benzina, a 0,33 per gasolio ed infine a 0,125 per il Gpl.
In un panorama europeo i prezzi sono aumentati ovunque tranne che in Ungheria che riscontrato un calo pari al 4%. 

Perché in Italia siamo afflitti dal caro carburante?  

Partendo dal presupposto che le tasse sono costanti la variazione del costo della benzina è connesso al prezzo del barile.
Al distributore il prezzo della benzina dovrebbe riferirsi al costo del petrolio del mese precedente, tempo che passa tra l’acquisto della materia prima e l’arrivo nella stazione di servizio. Ciò implica che l’aumento del carburante il consumatore dovrebbe avvertirlo il mese successivo.
Sfortunatamente, questo non accade quasi mai, infatti, la filiera del petrolio, per non rischiare perdite economiche scarica sul consumatore l’aumento del prezzo del barile in anticipo. Questo significa che i consumatori pagano la benzina alle quotazioni attuali anche se è stata acquistata in precedenza prezzi più bassi.  

A tal proposito, la Procura di Roma “ha aperto un procedimento, allo Stato senza indagati e senza ipotesi di reato, volto a verificare le ragioni di tale aumento e ad individuare eventuali responsabilità”. 

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